La chiesa di Sandrigo

L’attuale chiesa parrocchiale di Sandrigo è dedicata alla Madonna e ai Santi Filippo e Giacomo. La mole imponente del duomo è visibile da lontano in particolare se si arriva da Marostica. Il prospetto visibile oggi è stato per lo più preservato per volere dell’architetto Ferdinando Forlati, Soprintendente alle Belle Arti di Venezia a inizio Novecento, cui si deve il progetto della nuova chiesa secondo il ricordo dell’edificio precedente. Infatti fino agli anni Trenta del Novecento la chiesa di Sandrigo si presentava sopra uno spiano, rialzato e chiuso da un piccolo muro, a cui si accedeva da tre punti mediante alcuni gradini; la scalinata principale a cinque scalini s’innalzava a ridosso della via principale pavimentata in selciato. Tra le due guerre mondiali, con una popolazione di quasi quattromila abitanti e una chiesa di soli trecento metri quadrati di superficie, le funzioni di Sandrigo potevano accogliere solamente novecento persone che, una volta uscite, si trovavano a ridosso di un pericoloso trivio con piazza Vittorio Emanuele. Il desiderio di allargare l’antico edificio è nato quindi da esigenze pratiche dovute allo sviluppo demografico del comune e alla conseguente necessità di avere uno spazio sacro maggiore. La costruzione della nuova chiesa prevedeva il mantenimento e la corretta collocazione degli altari e dei pezzi lapidei antichi, facendo attenzione a ricostruire attentamente la facciata. Il 10 giugno 1928 si solennizzò la posa della prima pietra alla presenza del vescovo di Vicenza Ferdinando Rodolfi e dell’arciprete Giuseppe Arena. Per undici anni Sandrigo visse con la copresenza di due chiese, l’una in costruzione e l’altra destinata lentamente alla fine. La solenne consacrazione della nuova chiesa avvenne nell’ottobre del 1958 e nel 1990 il vescovo Pietro Nonis volle insignirla con il titolo di “Duomo”.

L’esterno

Percorsa la grande piazza e i tre blocchi della scalinata antistante, suddivisi in tre gradini ciascuno, arriviamo nell’ampio sagrato protetto da una balaustrata ornata con quattro Angeli in pietra tenera usciti dalla bottega di Orazio Marinali, donati da Francesco Tibaldo nel 1717. L’imponente facciata è larga 17 metri e alta alla sommità 30 metri con un alto zoccolo sostiene ed eleva tutto il complesso architettonico. Le colonne centrali di ordine composito incorniciano il portone d’ingresso e ai lati due nicchie accolgono le sculture dei santi patroni Filippo e Giacomo, opere di altissima fattura in cui possiamo vedere la mano del Marinali. La facciata è ragionata sull’intersezione di linee orizzontali (lo zoccolo nella parte bassa, i marcapiano, il collarino dei capitelli che si prolunga per tutta la larghezza del fronte, l’architrave) e verticali (le colonne, le lesene, i pannelli lapidei, le sculture). Nella cimasa è posta una lapide che identifica il luogo sacro, DOMUS DEI, affiancata da volute a chiocciola riprese più in basso per mascherare il corpo edilizio aggettante che racchiude gli altari laterali interni alla chiesa. La spinta della facciata verso l’alto è amplificata dalle sculture di Agostino Testa che rappresentano le Virtù Teologali: la Fede, la Speranza e la Carità rappresentata da due figure femminili adagiate lungo i profili diagonali. Nell’intersezione tra la navata il transetto si eleva la grande cupola appoggiata su un tamburo scandito da dodici finestre. Per slanciare la cupola è stata posta una lanterna ottagonale e un cupolino con la statua della Madonna Immacolata in rame sbalzato alta 2,30 m.

L’interno

Il duomo di Sandrigo si presenta all’osservatore come un grandioso vano a croce latina dove gli antichi altari convivono con le presenze più moderne di arte sacra. L’aspetto classicistico prevede la ripetizione di un modulo composto da un arco a tutto sesto, con chiave di volta a voluta, segnato lateralmente da alte lesene con capitelli d’ordine composito profilati d’oro. La navata è quindi scandita da sei archi in corrispondenza dei quali si trovano le antiche cappelle: quella dei santi Rocco e Sebastiano, di Sant’Agata  con una tela di Bartolomeo Cittadella, di San Giovanni Battista, di Sant’Antonio da Padova con una tela di Giulio Carpioni, di San Giuseppe e il battistero. Nel transetto si trovano gli altari della Madonna del Rosario e del Sacro cuore di Gesù. Presso l’altare maggiore si trovano le opere di Angelo de Putti: il paliotto in marmo con la Cena in Emmaus e le sculture lapidee dei santi Amos e Malachia mentre sulla parete di fondo del presbiterio è conservata una tela di Scuola Veneta della fine del Seicento con la Madonna e il Bambino tra i Santi Filippo e Giacomo. Le decorazioni ad affresco sono opera di Agostino Pegrassi, del decoratore Pietro Negrini e di Adolfo Mattielli che subentrò nel cantiere dopo la morte di Pegrassi avvenuta il 21 febbraio 1957 mentre stava ultimando le pitture della cupola. I lavori cominciarono l’1 luglio 1955 e terminarono il 28 maggio 1958. Nella navata vi sono i ritratti di alcuni apostoli accanto ai santi moderni Bertilla Boscardin, Giovanni Bosco e il cardinale Giuseppe Sarto patriarca di Venezia e futuro Papa San Pio X (che nel 1901 venne a Sandrigo per inaugurare il campanile). Nel presbiterio invece vi sono i maestosi affreschi del Pegrassi con gli Evangelisti, i Santi Pietro e Paolo e l’Agnello mistico tra gli Angeli e nella cupola alcune scene della Sacra Famiglia. Da ricordare le tele custodite nella cappella invernale tra cui La Deposizione di Pietro Roi del 1847 e l’opera di Alessandro Maganza  La Madonna tra Cristo e San Giuseppe in gloria con il consiglio sandricense radunato a casa di Oliviero Sesso il 7 gennaio 1587.